L’iridazione è un effetto che si viene a creare quando, per evaporazione di un ossido metallico (stagno o altri metalli), una sottilissima pellicola di origine metallica si deposita sulla superficie di un oggetto finito, sulla quale poi la luce si riflette irregolarmente.
Questa tecnica ha visto il suo massimo sviluppo nella seconda metà dell’Ottocento, quando si pensò di riprodurre l’effetto del deperimento superficiale subìto dal vetro nel tempo. Fu Antonio Salviati, intorno al 1880, ad introdurre a Murano questo processo di iridazione che veniva già da qualche tempo applicato ai cristalli stranieri: i vetri così prodotti vennero chiamati metalliformi. L’iridazione è una tecnica di rifinitura di cui Carlo Scarpa fece frequentemente uso per connotare, in modo più̀ o meno accentuato, molti dei vetri disegnati per Venini, che assumono un particolare aspetto dopo essere stati esposti a caldo a vapori di stagno o titanio. Nel 1940 alla VII Triennale di Milano e alla XXII Biennale di Venezia vennero tuttavia presentati da Venini alcuni oggetti che devono la loro peculiarità proprio a questo trattamento. Iridati sono in particolare quei “vetri plumbei che imitano la consistenza del metallo (E. Motta 1940)” e che in genere vennero realizzati mediante sovrapposizione di più strati di vetro colorato.